L’ITALIA S’È DESTA PER PLINIO MARTELLI

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L’ITALIA S’È DESTA PER PLINIO MARTELLI

26.03- 30.05.2017

Il Castello di Rivara | Museo d’Arte Contemporanea omaggia Plinio Martelli riproponendo la mostra L’Italia s’è desta. 

Testo, dal catalogo del 2005, di Luca Beatrice.

Plinio Martelli appartiene alla rara e sublime categoria degli artisti di culto che trovano numerosi estimatori all’estero – lo testimonia ad esempio la sua presenza alla mitica mostra Phantom der Lust ( Neue Galerie, Graz 2003) – e invece da noi sono oggetto di interesse per un pubblico ancora piuttosto limitato. Come non leggere dunque una certa polemica, seppure tra le righe, seppure con la consueta eleganza che ne contraddistingue sia il lavoro sia la persona, al cospetto delle sue Italie nude o a stento velate, che maliziosamente ammiccano tra bandiere, spade e corone, una polemica nei confronti del moralismo perbenismo che attanaglia il nostro dissestato Paese, tra divieti di fumo, sessuofobia e rigurgiti di cattolicesimo neopapista?

Appartiene alla generazione di artisti e uomini di cultura che si è formata sullo slancio etico-politico di una società attraversata da forti cambiamenti, intorno al 1968 o poco oltre. Le prime esperienze di Martelli sono da ascrivere all’ambito del cinema sperimentale e di ricerca, che anche in Italia e in particolare a Torino ha avuto varie e interessanti espressioni, un cinema inevitabilmente legato all’uso del corpo, quasi un prolungamento temporale di performance e azioni. Questa generazione, inoltre, ha sentito in pieno l’influenza del cinema dell’invisibilità di Andy Warhol, il primo artista dell’epoca contemporanea a coniugare la sperimentazione con l’estetismo della visione.

Il cinema indipendente, infatti, nasce e si sviluppa in un territorio molto affine a quello delle arti visive ( tra i suoi protagonisti penso a Maya Deren, Jack Smith, Gregory Markopulos, Kenneth Anger) sviluppando la poetica del mezzo di ripresa “leggero”. Questi cineasti/artisti rivolgono uno sguardo più attento al linguaggio e alla metodologia del fare cinema piuttosto che all’impianto narrativo tout-court, sviluppando un’autoriflessione e una volontà di “ripulire” essenzializzando la prassi filmica. L’occhio si sposta sulla realtà, quindi il film diviene prevalentemente a basso budget, per l’appunto “indipendente” . I giovani autori recuperano un’autenticità dello sguardo perduta, una verità che non può passare se non da una profonda riflessione teorica. tale tendenza sfocerà poi nel cinema underground, legato ancon più a una dimensione politica o comunque fortemente critica, e caratterizzato da produzioni Low o No Budget, a una grammatica visiva sconnessa, sperimentale, di certo non accomodante.

Terminata l’age d’or del cinema sperimentale, prosegue la ricerca dove il corpo si mantiene elemento centrale. se negli anni ’80 si sarebbe osservato che il punto di osservazione fosse definitivamente passato dall’etico all’estetico, oggi la rappresentazione del “nudo” assume una serie di sfumature nuove, non conformi, né facili da dipanare.

all’eredità “storica” della performance, l’uso del corpo come mezzo/fine di contrapposizione al sistema del pensiero borghese, la componente politica fine a se stessa si altera, perde di senso, fino a recuperarsi all’interno di un sistema di valori che puntano sull’oltraggio visivo, sulla messa in scena di ciò che Bataille definiva come, appunto, “l’Osceno”.

Grazie alla scoperta (o alla Riscoperta) delle cosiddette pratiche basse e all’allargamento di comprensione dell’artisticità, ciò che prima era relegato a zone per così dire culturali, appannaggio di un ristretto pubblico di adepti, risulta finalmente investito di piena cittadinanza culturale. Diversi artisti e cineasti lavorano sul sottile confine tra erotismo e pornografia, ma in fondo entrambi fanno parte del linguaggio comune, e non si può distinguere l’uno dall’altra soltanto a secondo di ciò che si vede o ciò che è celato. sono erotici o pornografici i film di Tinto Brass, proviene anche lui come Plinio Martelli dal cinema indipendente e militante? E che dire dei pornodivi approdati alla politica, alla sociologia, al mainstream, alle gallerie d’arte? E discernere tra un’opera a contenuto esplicito e un’ammiccante pubblicità che veicolai corpo come merce per poi venderci entrambi?

Da diversi decenni Plinio Martelli lavora sui codici interni a questa sottile differenza, celando dietro la frontali dell’immagine ben altri aspetti e contenuti. I suoi corpi – o meglio, i corpi delle giovani modelle che posano per lui – vanno aldilà dell’evidente carica sessuale che sarebbe di per sé già sufficiente a provocare lo scandalo del visivo.

Nella serie Vanitas, ad esempio, fa coincidere il tradizionale motivo filosofico della precarietà dell’esistenza con la bellezza non eterna del corpo, destinata inevitabilmente a sfiorire; al tema dell’Angelo attribuisce quei connotati sessuali che l’iconografia classica ha sempre evitato, insistendo sulla suggestione baudeleriana dell’angelo caduto con tutto il suo sapore di decadenza e ineluttabilità. e mentre S/M è una tanto ironica quanto provocatoria messinscena di un campionario fetish che coinvolge anche l’attività di Martelli scultore ( i suoi oggetti, perfetti e levigati, appaiono come attraenti strumenti di tortura e piacere) i Golden Tattoo recuperano infine il piacere della pittura, pelle della pelle, manipolazione seconda, tatuaggio al quadrato dell’immagine stessa. In questi cicli, tutti recenti e in fase di continuo aggiornamento, Plinio Martelli ricerca ragazze che siano loro stesse sculture new body, dove il corpo è già un veicolo di segni e immagini irreversibili. Sopratutto è interessante in fatto che il tatuaggio, il piercing o quant’altro, non rimane come puro e semplice fatto estetico, ma determina una qualità etica, un segnale di riconoscimento e di appartenenza, delimitando l’esistenza di un codice cifrato capace di uscire dall’arte ed entrare nella vita.

Ed ecco le Italie, dove accanto all’ironia non si possono non  considerare le fonti visive, come di consueto oscillanti tra alto e basso. Il codice di queste nuove fotografie di Plinio Martelli appartiene sia alle riviste illustrate che fino a non molto tempo fa si trovavano dal barbiere, sia all’iconografia vernacolare tra café chantant e bordello derivata dalla pittura di Toulouse-Lautrec. Martelli corre il rischio del kitsch ispirandosi senza dubbio al Piaccia delle Transparences, prodotte dal 1933 in poi, forse il primo artista a utilizzare per la pittura immagini trovate su giornali di moda, tabloid scandalistici o addirittura pornografici. Il clima da Belle Epoque di questo nuovo ciclo di Martelli stempera da una parte la cruda tensione performativa di altre serie (e in questo caso il colore è più edulcorato del bianco e nero), slitta in qualche modo dalla tragedia alla commedia, inserisce una buona dose di sentimentalismo nostalgico, irrisorio e corrosivo. “L’Italia s’è desta”, alfine, perché il nostro Paese preferisce fare l’amore e non fare la guerra.

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