ASÝNDETON
ASÝNDETON
24.09 – 06.11.2016
Ak2deru
Alessio Ancillai
Paolo Assenza
Orazio Battaglia
Fabrizio Cicero
Luca Grechi
testo di Giulia Lopalco
Asýndeton è una mostra collettiva che raccoglie circa cinquanta opere degli artisti Ak2deru, Alessio Ancillai, Paolo Assenza, Orazio Battaglia, Fabrizio Cicero e Luca Grechi. Nelle sale del Castello di Rivara, l’esposizione è scandita in sei micro personali che includono una selezione di lavori che fa il punto sullo stato delle singole ricerche espressive, inserite nel paesaggio attuale della pittura a Roma, dove questi artisti vivono e lavorano.
Gli alfabeti classici della pittura, dal grado zero delle avanguardie storiche, passando per l’informale e i principi della neoavanguardia, compongono per questi artisti il canone di riferimento all’interno del quale dare forma a ricerche nuove e personali. La storia dell’arte affiora e si riflette nelle loro opere, ma non con un mero valore di citazione, bensì come matrice di una ricerca di tempi e spazi soggettivi in cui svolgere la pratica del dipingere. L’affinità che lega questi sei artisti non emerge dalla loro produzione, ma dal medesimo sentire e vivere la pittura come zona franca dall’iperpresente, dall’ipercomunicazione, dall’iperesaltazione del quotidiano.
Nelle opere di Ak2deru, Alessio Ancillai, Paolo Assenza, Orazio Battaglia, Fabrizio Cicero e Luca Grechi non va cercato nulla di ‘attuale’ o di ‘nuovo’, inteso come pittura facile e di consumo, come immagini compiacenti o sperimentazioni tecniche fini a se stesse, ma il segno di una pratica rigorosa e introspettiva che oltrepassa la superficie per cogliere contraddizioni, emozioni e paure più intime. Oltre le differenze biografiche ed espressive, questi sei artisti si avvicinano e si riconoscono nel mestiere della pittura come confronto con il vuoto della tela, dosando la propria libertà espressiva al fine di rendere all’esterno un’immagine che sia il riflesso esatto di quella interiore. Uno di loro ha dichiarato (nella piena condivisione degli altri componenti del gruppo): “La pittura è uno stato di ossessione mentale di cui il quadro è solo una piccola parte. Dipingo continuamente, quando cammino per strada, quando mangio, quando dormo”. Da questo comune approccio espressivo si originano sei diverse modalità di racconto, che ciascun artista ha potuto articolare liberamente attraverso una selezione di lavori della propria produzione passata e alcune opere realizzate appositamente per le sale del Castello di Rivara.
Ak2deru (Tempio Pausania, 1975) esprime la sua attitudine iconoclasta con alcuni lavori tratti da una serie che, da circa due anni, indaga sulla dissoluzione del segno e del colore. Questa volontà di fare tabula rasa si esprime attraverso un bianco “costruito” sovrapponendo intricate e leggere griglie trasparenti. L’artista sonda i confini della liberazione dalla materia e dall’estenuante ricerca della coerenza e dell’armonia dei segni realizzando una melodia pittorica che pone in risalto la luce sprigionata dal silenzio del colore e dalla cancellazione delle impronte formali.
Alessio Ancillai (Roma, 1973) presenta una serie di lavori che sottolineano la natura composita della sua ricerca espressiva all’interno e all’esterno della dimensione pittorica. Nelle opere più recenti, la luce dei Led segna le coordinate spaziali dell’immagine o rivela la struttura fragile e cristallina del quadro, come una sonda immersa nelle viscere del colore e del segno. Anche in un’opera come Fenice, di apparente natura installativa, si parla della pittura e del mistero che in essa l’artista continua ad inseguire: tra due telai di portafinestra e una stoffa intesa come quinta asimmetrica di un palcoscenico celato, il lavoro espande l’indagine sviluppata nelle opere precedenti all’interno dello spazio fisico. Come l’uccello leggendario che risorge dalle sue ceneri, Fenice è l’immagine pittorica, capace di rigenerare continuamente il suo racconto nel tempo e nello spazio.
Per la mostra di Rivara, Paolo Assenza (Roma, 1974) sceglie di realizzare una nuova serie di opere su tela e su carta che raccontano il perdersi e il ritrovarsi lungo l’orizzonte delle proprie vedute interiori. In equilibrio tra astrazione e figurazione, le campiture cromatiche stratificate, fuse, colate, che caratterizzano l’immagine, raccontano l’attesa, le notti, il tempo del quadro. Nelle atmosfere sublimi di questi paesaggi, che ricordano cieli in tempesta e profonde distese d’acqua, la mente ha riposo quando scopre il limite dell’infinito e solo a quel punto lo sguardo trova appagamento e il gesto può finalmente fermarsi.
Dopo aver concluso la sua ricerca precedente, Orazio Battaglia (Modica, 1977) inizia a riappropriarsi del gesto pittorico attraverso la pratica intima del disegno. Volutamente, il suo lavoro si ferma prima di giungere alla soglia dell’opera compiuta per rappresentare la fase embrionale del quadro, quella puramente mentale in cui l’artista stabilisce il significato del dipingere. Queste opere sono esattamente quello che sembrano, matita su carta, ritratti metafisici di una pittura che sta ricordando le proprie origini e cercando nello stesso tempo di dimenticarle per ricominciare a nascere.
La selezione delle opere di Fabrizio Cicero (Barcellona Pozzo di Gotto, 1982) ripercorre l’evolversi della sua ricerca espressiva, dalla superficie del quadro fino al limite sfiorato della forma scultorea. C’è un silenzio mistico e surreale che pervade i suoi quadri, dove frammenti in movimento nello spazio appaiono come presenze che interrogano lo spettatore sulla differenza tra esistere e vivere. La stessa misurazione dell’invisibile riaffiora poi nelle strutture in carta. La ripetizione della forma geometrica del triangolo equilatero fornisce materia, supporto e colore alle opere recenti, generando complesse architetture che rivelano la struttura interna della forma.
La ricerca di Luca Grechi (Grosseto, 1985) nasce da un sentimento di quiete e pacificazione generate dalla contemplazione della bellezza semplice della natura.
Di fronte ai suoi quadri, l’occhio inizia col perdersi tra velature e trasparenze cromatiche, trovando infine l’appiglio di una forma che restituisce equilibrio all’immagine. La bellezza del vivente è la sola certezza di un significato oltre le atmosfere di nebbia e pioggia battente che rivelano l’anima di questa ricerca espressiva, che non forza mai i tempi e la forma del suo sentire. Ogni quadro è una lirica scaturita da una fede innata nella misteriosa perfezione dell’esistere, che l’artista professa attraverso la sua pittura rigorosa e sincera.