DELFINA CAMURATI – ANTOLOGICA

DELFINA CAMURATI

ANTOLOGICA

14.04.- 03.11.2019

Opening Domenica 14 Aprile dalle ore 11

Il Castello di Rivara – Museo d’Arte Contemporanea è lieto di presentare Antologica di Delfina Camurati, una mostra che omaggia e rilegge criticamente l’intera opera dell’artista biellese, protagonista attiva della scena italiana da più di quarant’anni.
Si passa dai “Fili a piombo” degli anni settanta, sottili centrature del pensiero e compendi taglienti di atmosfere post-concettuali, alla serie “La fabulazione del silenzio”, dove gli spazi vuoti, accolti e generati da installazioni leggere, simili a tende, sembrano significare naturalmente raccoglimento e rinascita individuale.
Le “Murrate e i muri” degli anni ‘80, invece, sono barriere, in verità non impenetrabili, di materiale mimetico (il legno imita la pietra). Diaframmi di mondi diversi separati da muri occasionali, au-delà della materia stessa, simbolo di unità ottenute con l’immaginazione.
Le fonti del “Dio dell’Acqua” degli anni ’90, sono installazioni a più livelli che compendiano, attraverso l’imitazione dell’acqua, il senso più intimo dell’illusione e della pittura fino all’assunto radicale per cui “il colore dell’acqua è sempre colore di fondo”. Nelle vibrazioni di “Da dove scaturì quel suono?” del 2000, fino alle ultime serie  “La fiamma svelò alla scintilla il grande segreto”, l’artista testimonia la gratitudine per un mondo spirituale che si sviluppa, come suggerisce Caterina Gualco, in “un linguaggio a-temporale, libero e felice di se stesso”.
Osservando la stesura simultanea di tutte le opere proposte in mostra, e pur nel logico avvicendarsi di periodi esteticamente differenti, la sensazione che abbiamo con Delfina Camurati è quella di un’artista che, facendo uso coerente di simboli identificabili, celebra una sorta di percorso guidato di elevazione spirituale, di ‘disinquinamento’ dalle esperienze politiche e artistiche degli anni ’60/‘70 e di proiezione verso mondi post-ideologici. Tutta la sua opera, nutrita di avanguardie ma collocata nel solido solco di una oggettualità tangibile, parte da elementi della natura: cieli, mari, terre, fulmini, acque. Questi luoghi paiono esistere davvero, concepiti come sono nei viluppi possibili del cielo e della terra, ma per dirla con Janus, essi sembrano piuttosto voler “introdurre il visitatore a contatto con se stesso, non con una immagine esterna”.
La definizione della realtà, dunque, illusoria o meno, si delinea nello studio delle tracce che lascia, attraverso la trasformazione dei materiali fisici, delle idee e non ultimi i ripensamenti sul proprio lavoro e le idiosincrasie.  

 

testo a cura di Fabio Vito Lacertosa

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DELFINA CAMURATI

ANTOLOGICA

14.04.- 01.12.2019

Opening Domenica 14 Aprile dalle ore 11

Il Castello di Rivara – Museo d’Arte Contemporanea è lieto di presentare Antologica di Delfina Camurati, una mostra che omaggia e rilegge criticamente l’intera opera dell’artista biellese, protagonista attiva della scena italiana da più di quarant’anni.
Si passa dai “Fili a piombo” degli anni settanta, sottili centrature del pensiero e compendi taglienti di atmosfere post-concettuali, alla serie “La fabulazione del silenzio”, dove gli spazi vuoti, accolti e generati da installazioni leggere, simili a tende, sembrano significare naturalmente raccoglimento e rinascita individuale.
Le “Murrate e i muri” degli anni ‘80, invece, sono barriere, in verità non impenetrabili, di materiale mimetico (il legno imita la pietra). Diaframmi di mondi diversi separati da muri occasionali, au-delà della materia stessa, simbolo di unità ottenute con l’immaginazione.
Le fonti del “Dio dell’Acqua” degli anni ’90, sono installazioni a più livelli che compendiano, attraverso l’imitazione dell’acqua, il senso più intimo dell’illusione e della pittura fino all’assunto radicale per cui “il colore dell’acqua è sempre colore di fondo”. Nelle vibrazioni di “Da dove scaturì quel suono?” del 2000, fino alle ultime serie  “La fiamma svelò alla scintilla il grande segreto”, l’artista testimonia la gratitudine per un mondo spirituale che si sviluppa, come suggerisce Caterina Gualco, in “un linguaggio a-temporale, libero e felice di se stesso”.
Osservando la stesura simultanea di tutte le opere proposte in mostra, e pur nel logico avvicendarsi di periodi esteticamente differenti, la sensazione che abbiamo con Delfina Camurati è quella di un’artista che, facendo uso coerente di simboli identificabili, celebra una sorta di percorso guidato di elevazione spirituale, di ‘disinquinamento’ dalle esperienze politiche e artistiche degli anni ’60/‘70 e di proiezione verso mondi post-ideologici. Tutta la sua opera, nutrita di avanguardie ma collocata nel solido solco di una oggettualità tangibile, parte da elementi della natura: cieli, mari, terre, fulmini, acque. Questi luoghi paiono esistere davvero, concepiti come sono nei viluppi possibili del cielo e della terra, ma per dirla con Janus, essi sembrano piuttosto voler “introdurre il visitatore a contatto con se stesso, non con una immagine esterna”.
La definizione della realtà, dunque, illusoria o meno, si delinea nello studio delle tracce che lascia, attraverso la trasformazione dei materiali fisici, delle idee e non ultimi i ripensamenti sul proprio lavoro e le idiosincrasie.  

 

testo a cura di Fabio Vito Lacertosa

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